Messaggi rivoluzionari

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Di Antonin Artaud sappiamo ormai tutto, o quasi. Più che dire chi è stato, converrà dire cosa non è stato. Non è stato un sognatore. Né un utopista. Forse è stato un pazzo. Ha contaminato mondi tra loro incompatibili; non con spirito di avventura, ma con la ferrea disciplina di un ricercatore che ostinatamente mette alla prova le sue conclusioni. Così, ha letto diversamente i dati del reale, per rimetterne in questione la pregnanza; ha scoperto vasti crateri di senso, nascosti dal reale per celare le proprie, improvvide debolezze. Dove altri avrebbe perso l’uso della ragione, si è fatto forte di una coerenza assoluta. Oggi non ci stupisce un’archeologia dell’anima, né un’antropologia del cosmo. E l’idea di una scienza dell’immaginario vagliata al microscopio non è peregrina. Ebbene, Artaud non è andato in Messico – lo racconta questo libro – per fuggire la realtà. Ma per andare alla ricerca del reale e delle sue origini. E il viaggio gli rivela le possibilità del reale, inutilizzate dal reale stesso. Da scienziato, allora, avrebbe voluto riprendere il mondo dalle origini. E farne teatro. Che il suo palcoscenico appartenesse a uno di quei possibili, l’ha dimostrato il secolo.

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Sull'autore

Antonin Artaud

(1896-1948) è figura fin troppo nota della cultura del Novecento perché se ne possa tentare un profilo biografico senza incorrere in elisioni e forzature. Poeta, scrittore, saggista, uomo di teatro nel senso più profondo del termine, autore di un’opera labirintica ed infinita, dopo aver percorso da protagonista i più arditi sentieri della ricerca espressiva lasciando ovunque profonde tracce di sé, nel corso di un viaggio in Irlanda (1937) cade preda di una crisi che lo costringerà alla reclusione forzata in diversi ospedali psichiatrici. A maggio del 1946, grazie all’intervento di un nutrito gruppo di sodali ed amici viene trasferito alla clinica di Ivry, a poca distanza da Parigi; qui può finalmente passare ad un regime “aperto” che gli consente di riprendere progressivamente contatto con il suo ambiente artistico e culturale. In ritardo, ma assolvendo al meglio il compito di un risarcimento dovuto alla sua figura, il Théâtre Sarah-Bernhardt (7 giugno 1946) gli rende omaggio con una serata in suo onore, introdotta da André Breton, in cui J. Vilar, A. Adamov, J.L. Barrault e tanti altri leggono i suoi testi. Il 13 gennaio 1947, al Vieux-Colombier, Artaud stesso tornerà per l’ultima volta sul palco. Nello stesso mese gli viene assegnato il premio Sainte-Beuve per Van Gogh, il suicidato della società: Il 4 marzo muore, a causa di un tumore inoperabile al retto. L’edizione delle sue Œuvres Complètes si estende, per la parte edita, per 26 volumi in 28 tomi, più diverse altre pubblicazioni, e almeno due Cahier. Il suo nome resta legato alla teorizzazione del Teatro della Crudeltà e al volume in cui vengono pubblicati i manifesti relativi: Il Teatro e il suo doppio. Messaggi Rivoluzionari raccoglie gli scritti teorici, gli interventi, le recensioni - proposte culturali e provocazioni intellettuali - che Artaud ha redatto in Messico nel 1936, in quello che possiamo definire il primo viaggio in cerca di teatro della cultura europea, subito prima o immediatamente dopo aver incontrato l’etnia Tarahumara e aver partecipato al rituale del peyote.

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