Lingua d'amore

Lingua d'amore

Zareen è orgogliosa d’essere una parsi e di abitare in una fiorente metropoli con otto milioni di abitanti, qual è Lahore, in Pakistan. Certo, è arduo vivere in un paese in perenne conflitto con un altro. Durante la famigerata guerra dei Diciassette Giorni tra Pakistan e India – era il 1965 e il pomo della discordia era come sempre il Kashmir – mentre le granate esplodevano a soli diciotto chilometri di distanza, Zareen fu costretta a prendere le sue bambine e a raggiungere Rawalpindi. Duecentottanta chilometri percorsi in otto ore. Grazie alle preghiere rivolte a Sarosh Ejud, l’Angelo del successo zoroastriano che protegge l’umanità, lei, Feroza, la figlia maggiore, e Parizad, la minore, giunsero a Pindi sane e salve. Ora, però, più di bombe, granate e colpi di cannone, qualcosa di inaspettato, crudele, insensato sta per sconvolgere l’esistenza di Zareen: sua figlia Feroza, che soggiorna da un paio d’anni a Denver, negli Stati Uniti, sta per sposare un non-parsi, un americano figlio digenitori ebrei, un ragazzo con gli occhi azzurri, i capelli lunghi e dei frivoli colpi di sole. Vi può essere disgrazia maggiore di una figlia che non avrà più accesso al Tempio del Fuoco? E che sarà espulsa dalla comunità, come succede a ogni ragazza parsi che sceglie un marito di altra nazionalità? Ruth vive anche lei in Pakistan, in anni in cui la pretesa dei sikh di creare in India un Khalistan – uno stato indipen dente nel Punjab orientale – fa del Pakistan la perfetta pista di atterraggio dei voli dell’Air India dirottati dagli indipendentisti. Americana, sposata a un manager di una multinazionale di fertilizzanti chimici, Ruth si ritiene estranea ai tumulti e ai fervori religiosi che infiammano il paese. Grazie all’isolamento cui sono destinate le donne in una società musulmana, ha scoperto un legame diverso con le persone del suo stesso sesso, e frequenta l’International Women’s Club di Lahore, che suscita le attenzioni dell’ISI, l’intelligence pachistana. Tuttavia, la donna non può fare a meno di avere un’esperienza mistica nel tunnel di un tempio sikh, esperienza che fa dire ai presenti che abbia addirittura visto il quinto guru, Arjan Singh, immerso in un flusso di luce divina. L’inaspettato, l’irrompere di qualcosa che turba gli equilibri consolidati del proprio mondo e delle proprie più radicate convinzioni, costituisce l’oggetto di questa meravigliosa raccolta di storie con la quale l’autrice de La spartizione del cuore e di Acqua si ripropone ai suoi fedeli lettori. Muovendosi tra Pakistan e Stati Uniti, Bapsi Sidhwa ci mostra che, in simili circostanze, serve a poco la diffidenza. Molto più efficace è una lingua d’amore, l’universale linguaggio del cuore.

«Bapsi Sidhwa ha una capacità unica di catturare e incantare, di intrecciare il grande al piccolo, la Storia alle tante storie». La Repubblica

«Che magnifica scrittrice è Bapsi Sidhwa, così abile a condurre il lettore in un mondo sconosciuto e nuovo». The Examiner

«Nei suoi romanzi Bapsi Sidhwa racconta l’islam, la cultura parsi e, soprattutto, le ragioni delle donne del suo paese». Avvenire

Détails du livre

À propos de l'auteur

Bapsi Sidhwa

Bapsi Sidhwa è nata a Karachi, in Pakistan, ed è cresciuta a Lahore. Sposata, ha tre figli e vive attualmente negli Stati Uniti. I suoi romanzi sono stati tradotti in numerosi Paesi e hanno ottenuto ovunque prestigiosi riconoscimenti. In Italia, le sue opere sono apparse tutte presso Neri Pozza: Il talento dei Parsi (2000), La sposa pakistana (2002), La spartizione del cuore (2003) E Acqua (2007).

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