Guerra in camicia nera

Guerra in camicia nera

«A me piace molto. È sotto forma di diario e succede in Africa. Si capisce bene cos’è stata la guerra in Africa, cos’è una guerra persa, si capisce perfino cos’era il fascismo». Così Natalia Ginzburg, in una lettera a Italo Calvino del 1954, sollecitò la pubblicazione di Guerra in camicia nera presso la casa editrice Einaudi, per conto della quale lavorava. Un giudizio che coglieva perfettamente l’intento dell’opera di Berto: narrare della «guerra persa», della guerra in camicia nera, per non rimuovere dalla memoria collettiva il destino di una generazione condotta alla disfatta dalla tirannia. Il romanzo fu pubblicato nel 1955 non da Einaudi, ma da Garzanti, e il giudizio della Ginzburg, nella società letteraria del tempo, fu largamente minoritario. Come nota Domenico Scarpa nell’introduzione a questa edizione del romanzo, era prevedibile che le cose andassero così, «qualsiasi cosa raccontasse, qualsiasi argomentazione sviluppasse» il libro del futuro autore del Male oscuro. Berto ritorna sugli eventi del 1942-43 nella forma propria dell’invenzione romanzesca, tuttavia i fatti da lui narrati erano stati da lui realmente vissuti. Nel 1942 raggiunse Misurata come combattente volontario del VI Battaglione Camicie Nere Africa Settentrionale. Dopo El Alamein e la rovinosa battaglia di El Hamma in Tunisia, si unì al X Battaglione Camicie Nere «m», col quale passò gli ultimi giorni della guerra in Africa, fino alla cattura avvenuta il 13 maggio 1943. Che questa tragica vicenda di combattente in camicia nera non fosse sepolta nell’armadio della storia, ma riaffiorasse in un’opera narrativa, poteva apparire, nel 1955, inopportuno a un paese desideroso di lasciarsi definitivamente alle spalle il passato. La società letteraria del tempo, a eccezione della Ginzburg, di Calvino e di pochi altri, non si avvide tuttavia che, ritornando sulla sua storia di soldato in camicia nera, Berto, con le armi dell’ironia e dell’umorismo – «l’unica via che io potessi seguire per liberarmi dalla retorica» dichiarò in un’intervista a Vigorelli del 1964 –, avanzava una feroce, dissacrante denuncia della «faziosità, illiberalità, violenza» del fascismo. Come scrive Domenico Scarpa nell’introduzione, non vi sono infatti pagine migliori di Guerra in camicia nera in cui ci sia dato assistere, quasi in presa diretta, alla vita quotidiana del fascismo e dei suoi uomini, a quel «clima di formalismi superficiali e di complicità incistate, di furberie piccine in mezzo a cose troppo grandi, di ottusità corporativa e di ordini e contrordini che arrivano a pioggia e che sono ugualmente insensati, ma soprattutto di ladruncoleria e di burocratismo sudaticcio, stazzonato, imbrillantinato, cialtrone».

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About the author

Giuseppe Berto

Giuseppe Berto nasce a Mogliano Veneto il 27 dicembre 1914 e muore a Roma nel 1978. Nel 1947 pubblica presso Longanesi Il cielo è rosso (Neri Pozza 2019), su segnalazione di Giovanni Comisso. Dopo Il male oscuro (2016), presso Neri Pozza sono stati ripubblicati anche La gloria (2017), Anonimo veneziano (2018), Guerra in camicia nera (2020), La cosa buffa (2021) e Il brigante (2022) per restituire all’apprezzamento dei lettori e del - la critica odierna l’opera di uno dei grandi autori del nostro Novecento.

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